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Palermo, vendetta del marito tradito: manifesti con foto ex moglie e presunti amanti.


“Nella via Sammartino a Palermo, sono stati affissi numerosi manifesti con le immagini dei protagonisti di una vicenda familiare finita male. Un marito tradito ha deciso di rendere pubbliche le foto e i nomi e cognomi della sua ex-moglie e dei presunti amanti. Sul manifesto è presente anche l’immagine di chi ha escogitato la vendetta, che si è auto-dichiarato “cornuto”. In quest’uomo è evidente il desiderio, causato da un incontrollabile risentimento, di diffamare, offendere e screditare i personaggi coinvolti in fatti privati e intimi, che potrebbero persino non esistere. Una forma di revenge urbano. Corre il rischio di molte cause legali, dal momento che ci sono undici potenziali “persone offese”.

Il parere di un magistrato esperto in materia

C’è da dire che le forze dell’ordine non andranno a rimuovere d’ufficio il manifesto della vendetta. Lo  ha spiegato al Giornale di Sicilia, che ha riportato la notizia, un magistrato esperto della materia: «Per contestare il reato di revenge ─ ha detto ─, l’ex marito avrebbe dovuto pubblicare foto o video con contenuti sessualmente espliciti. E non è questo il caso. Le aggravanti potrebbero essere però costituite da altri elementi che la moglie potrebbe addurre per configurare invece uno stalking. Se lei riesce a provare che lui le ha in qualche modo hackerato il cellulare per avere le informazioni ci sarebbe l’accesso abusivo al sistema informatico, ma in via di mera ipotesi perché andrebbe dimostrato».

L’articolo 595 del codice penale

Comunque la querela di parte può farla anche uno degli uomini tirati in ballo. Se tutti i coinvolti facessero denuncia, si tratterebbe di una diffamazione multipla. In questo caso alla pena prevista si aggiungerebbe un aumento per ogni persona offesa. E c’è l’ipotesi aggravata dell’attribuzione di un fatto determinato e dall’averlo reso pubblico tramite i manifesti. L’articolo 595 del codice penale stabilisce che «chiunque, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1032 euro». La ratio è ben evidente: il legislatore ha voluto tutelare la reputazione dell’individuo, intesa quale considerazione e stima che le altre persone hanno della sfera morale.

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