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Peppino Impastato e Aldo Moro: il ricordo degli uomini in lotta contro i mali del tempo


Ricorre oggi il 44esimo anniversario dell’ uccisione di Aldo Moro e di Peppino Impastato, due eroi simboli delle lotte contro i mali del tempo: il terrorismo e la mafia.

9 maggio 1978

Il 9 maggio, ricorre il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo. La data è stata scelta in considerazione del fatto che il 9 maggio del 1978 Aldo Moro, politico e statista italiano, fu ucciso delle Brigate Rosse. Sempre lo stesso giorno a Cinisi, in Sicilia, veniva assassinato il giornalista e speaker radiofonico Peppino Impastato, in prima linea contro Cosa Nostra.

Giuseppe Impastato

Giuseppe (“Peppino”) Impastato nasce a Cinisi (Palermo) il 5 gennaio 1948. La sua è una famiglia facente parte del sistema mafioso locale, sistema che lo stesso Peppino tenterà di scardinare con una lotta condotta pubblicamente, tramite iniziative politiche e sociali a sostegno della legalità. Il suo attivismo contro la mafia lo porta a scontrarsi spesso col padre, fino all’inevitabile allontanamento da casa. Nel 1965 fonda “L’idea socialista”, giornale di denuncia ritenuto “scomodo” per qualche personaggio influente. Ma Peppino non si ferma.

Nel 1976, promuove la formazione di un’associazione culturale denominata “Musica e cultura” e un anno dopo fonda “Radio Aut”, un’emittente radiofonica libera che Peppino utilizza come mezzo di denuncia audace nei confronti dei boss locali, in particolare del capomafia Gaetano Badalamenti, “Tano seduto”. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, Peppino viene barbaramente ucciso, legato ai binari ferroviari con una carica di tritolo sotto il suo corpo. Inizialmente, la stampa e la magistratura lo dipingono come un possibile attentatore rimasto vittima del suo stesso atto terroristico. Ma ciò non bastò a compromettere la reputazione e l’immagine di Impastato, viva ancora oggi.


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Aldo Moro

Aldo Moro nasce a Maglie, in provincia di Lecce, il 23 settembre 1916. Si iscrive a Giurisprudenza nell’Università di Bari, e, dopo la laurea, inizia la carriera accademica. Nel 1946 è eletto all’Assemblea Costituente come rappresentante della DC di cui è uno dei fondatori.  Nel 1955, con il primo governo Segni, è ministro di Grazia e Giustizia. Due anni dopo, è ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli. Nel 1963 è presidente del Consiglio di un governo che vede la partecipazione dei socialisti.

Alle elezioni amministrative del 1975, il PCI ottiene un grande consenso, e riporta al centro del dibattito politico la strategia che Moro sostiene da tempo: coinvolgere il PCI nella compagine governativa per dare una nuova spinta riformista al paese. Il 16 marzo del 1978 un commando delle Brigate Rosse rapisce Moro, presidente della DC, uccidendo gli uomini della scorta. Durante i giorni della prigionia, in Italia si apre un dibattito drammatico fra coloro che sostengo la necessità di trattare con le BR e coloro che, invece, rifiutano di scendere a compromessi. Il 9 maggio 1978 si scopre il cadavere del presidente dentro il bagagliaio di una Renault 4 a Roma, in via Michelangelo Caetani. È uno degli episodi più drammatici dell’intera storia dell’Italia repubblicana.

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A proposito dell'autore

Laureata in Giurisprudenza a Palermo con una tesi di diritto penale, non ho mai abbandonato la mia passione per la scrittura. Curiosa ed ambiziosa, cerco di rinnovarmi continuamente.