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Proteste all’Università contro i test d’ingresso a medicina: «la pandemia non ha insegnato nulla»


Proteste all’Università contro i test d’ingresso a medicina: «la pandemia non ha insegnato nulla»

Mattinata di protesta all’Università di Palermo contro i test di ingresso a Medicina. «La pandemia non ha insegnato nulla. Stop ai test d’ingresso». È questa la scritta su uno degli striscioni appesi questa mattina di fronte l’Edificio 19 di viale delle Scienze. La protesta è organizzata dal Laboratorio Studentesco Autonomo contro i test di ingresso per essere ammessi alla facoltà di Medicina che terranno impegnati oggi migliaia di studenti in Italia. Ma solo una parte di loro ce la farà.

«Due anni di pandemia dovrebbero aver dimostrato a tutti quanto il nostro sistema sanitario sia inadeguato: mancano i fondi, la strumentazione e soprattutto il personale sanitario. Eppure, invece di investire per garantire un sistema sanitario che sia davvero pubblico ed efficiente, in grado di aiutare chi sta male e non può permettersi di andare a curarsi nelle cliniche private, ci ritroviamo ancora con il numero chiuso che ogni anno impedisce a più di 50000 aspiranti medici di esercitare il proprio diritto allo studio per poi garantire a tutti il diritto alla salute. A Palermo quest’anno sono disponibili 475 posti a medicina: una miseria, che costringerà migliaia di ragazzi a iscriversi in altre facoltà, a emigrare o addirittura a non frequentare l’università» – spiega Giovanni Castronovo al megafono. 

E anche per chi ce la fa ad entrare e concludere il ciclo di studi con la laurea, ci sarà un nuovo ostacolo: la trappola dei concorsi di specializzazione. Ogni anno più di 15000 laureati in medicina sono costretti a sottoporsi all’ennesimo test, che impedirà a più di 3000 di loro di specializzarsi.

«Con strutture fatiscenti o che mancano del tutto, malati lasciati in barella nei corridoi per mancanza di spazio, file assurde nei pronto soccorso e liste d’attesa infinite, mentre i medici e il resto del personale sanitario sono stati costretti a fare i tripli turni, o a essere richiamati nonostante la pensione durante la pandemia, come si può pensare di mantenere il numero chiuso? Servono nuovi medici giovani in grado di tenere aperti i reparti e i presidi sanitari quartiere per quartiere, paese per paese» – continua Dario Palazzolo del Laboratorio Studentesco Autonomo.

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