Si sono svolte le prove scritte per il concorso per undici consiglieri parlamentari all’Ars. Il risultato è a dir poco sconvolgente: sui 100 temi stilati da una platea di 250 laureati, soltanto un decimo di questi ha appena raggiunto la sufficienza. Micciché: “Gli atenei si interroghino”.
Concorso Ars: flop delle prove scritte
Il concorso per undici consiglieri parlamentari è stato indetto dall’Assemblea Regionale Siciliana nel 2019. Previste prove scritte ed orali per il superare la selezione, e il primo step fa già discutere. Infatti, su 100 elaborati scritti dai 250 partecipanti, tutti laureati con una votazione media di almeno 105/110, soltanto un decimo è riuscito a strappare un 18. Le prove scritte riguardavano un elaborato a scelta tra quattro temi di diritto amministrativo e costituzionale, storia e contabilità degli enti locali. Tematiche che avrebbero dovuto rientrare nell’ambito di specializzazione di ciascun candidato, visto che il concorso era rivolto ai laureati, under 40, in Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economia o Statistica.
Concorso Ars: polemiche sul mondo universitario
“Volevamo selezionare il meglio delle intelligenze prodotte dai nostri atenei, ma pochi, pochissimi sono risultati in grado di produrre un lavoro scritto che fosse accettabile“, così commenta i risultati delle prove scritte Gianfranco Miccichè, il Presidente dell’Ars che presiedeva la commissione esaminatrice. Miccichè continua puntando il dito provocatorio contro il mondo universitario: “Quel che mi chiedo, pur non avendo alcun titolo accademico e culturale per farlo, è molto semplice. Possibile che la formazione universitaria, anche la più qualificata, non sia in grado di garantire la capacità di scrivere in modo dignitoso e accettabile? Dove avviene il corto circuito? Ci si laurea con 110 e lode e non si è in grado di elaborare un tema che possa raggiungere il 18 nelle stesse materie?“.
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La preparazione dei laureati siciliani: il caso di Giurisprudenza
Il Presidente dell’Ars si interroga sulla preparazione che i giovani universitari siciliani ricevono durante i loro anni di studio. “Mi è stato detto che gli studenti di Giurisprudenza non vengono preparati alle prove scritte durante gli anni di corso. Mi sembra surreale. Ed è una domanda che mi permetto di girare all’intera università siciliana e forse italiana. Non sarà il caso di aprire un dibattito? I nostri giovani vengono preparati al meglio, o no?”. A conoscere bene il problema è il direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Aldo Schiavello, nonché professore ordinario di Filosofia del diritto: “È una faccenda seria e stiamo tentando di porre rimedio: negli ultimi anni abbiamo reintrodotto in facoltà le prove scritte in itinere. Ma non basta. La maggior parte degli studenti ha difficoltà a formulare le frasi. Lo vediamo anche dalle tesi“.
L’appello dei docenti degli istituti superiori: “Giovani poco stimolati”
Secondo il preside del liceo classico Umberto, Vito Lo Scrudato, il problema è da rilevare nell’istruzione obbligatoria, ridotta ad un mero “ciclo scolastico” che non aiuta a far emergere gli studenti, preparandoli ad una selezione più matura. “Le medie sono figlie di una visione ideologica della scuola che non punta sulle attitudini ma su un modello appiattito, che non permette ai talenti di emergere e sforna alunni impreparati“. Secondo la docente Rosaria Rizzo, insegnante di Lettere al Duca degli Abruzzi, i ragazzi hanno ormai ereditato un linguaggio televisivo, rendendosi estranei e disinteressati alla lentezza del ragionamento e all’uso corretto della lingua italiana.
Fonte: La Repubblica – Palermo