In cima al monumento ai caduti di piazza Vittorio Veneto, ricco di riferimenti celebrativi e urbanistici ispirati al gusto architettonico della capitale francese, domina un’originale raffigurazione della Vittoria Alata, realizzata da Mario Rutelli. Storia di un simbolo della città da riscoprire
di Emanuele Drago *
È proprio vero che le storie dell’arte e dell’urbanistica corrono parallele e prendono spesso a modello altre storie. Così, se la Statua della Libertà che domina l’ingresso della baia di New York ne riprodusse una più piccola situata sotto al Pont de Grenelle, nel cuore di Parigi, lo stesso accadde a Palermo per la realizzazione del viale della Libertà. Dopo la fine della quarta Esposizione nazionale nel 1891, infatti, l’allora strada che conduceva alla Real Favorita venne ulteriormente prolungata e assunse connotazione prettamente liberty.
A favorirne la nascita furono anche i continui legami che l’alta borghesia del tempo, in primis la famiglia Florio, intratteneva con gli ambienti parigini. Fu così che Palermo ebbe una strada che s’ispirava agli Champs Élysées e si guadagnò, anche in virtù di ciò, l’appellativo di “piccola Parigi”. Ma, mentre nella capitale francese gli Champs Élysées collegavano Place de la Concorde con l’arco di Trionfo, nella ben più piccola Palermo il nuovo viale su cui vennero piantumati oltre seicento platani sancì il collegamento tra piazza Castelnuovo e un’altra grande rotatoria.
Per la verità, l’idea di costruire una grande piazza era nata in origine con altre finalità: celebrare il cinquantennio dell’Unità d’Italia e il solenne ingresso che il 27 maggio 1860 Garibaldi aveva fatto in città. Ma quale migliore luogo se non l’incrocio tra la via Lincoln e il corso dei Mille poteva essere scelto per ricordare quell’evento? Dunque, dopo l’iniziale intenzione, l’elemento emulativo e gli interessi della grande borghesia ebbero la meglio sull’aspetto celebrativo, tanto che, alla fine si decise di edificare la grande piazza circolare in una zona a settentrione della città, a conclusione dell’ultimo tronco del nuovo viale ricco di platani.
Statua della Libertà: L’idea
All’idea di arco si preferì l’edificazione di un obelisco alto 28 metri, sostenuto da un basamento a forma di T rovesciata che si concludeva con un’ampia scalinata. Sul basamento lo scultore Antonio Ugo eseguì una scultura in bronzo in cui vennero raffigurate due figure femminili. La figura più giovane, con alloro in testa, rappresentava la Sicilia nell’atto di ricongiungersi con un’altra figura femminile, la Madre Patria. Nel 1931, durante il periodo fascista, per ricordare i caduti della Grande Guerra, al monumento venne aggiunto un grande colonnato a forma di esedra progettato da Ernesto Basile. E fu allora che ancora una volta l’elemento commemorativo (non più legato all’impresa dei mille bensì ai mille palermitani caduti durante la Prima guerra mondiale) ebbe ancora la meglio.
A riprova di ciò, lo slargo venne ribattezzata piazza Vittorio Veneto in ricordo della decisiva battaglia vinta dal generale Armando Diaz nell’omonima cittadina veneta. Ma anche dopo la nuova denominazione assunta dalla piazza, rimase tuttavia sempre vivo il richiamo dell’epopea liberty e il fascino dell’idea di libertà. Fu così che si decise di far collocare in cima alla colonna la figura di una Vittoria alata. La scultura, commissionata a Mario Rutelli, è una rappresentazione della libertà sui generis, diversa dalla stessa vittoria alata realizzata da Ugo e che un tempo si trovava dentro il palazzo delle finanze. Si tratta di una versione della libertà né estatica né solenne, in quanto essa è rappresentata da una fanciulla che porge al cielo, in maniera leggiadra, una corona di alloro simbolo della pace.
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Quel gesto, se lo si ammira attentamente, è davvero straordinario perché allude a qualcosa che supera la stessa bellezza estetica. Insomma, in quel rimanere sospesi a mezz’aria su una sfera (il mondo) l’autore volle rimarcare quanto la difesa della libertà e della pace è qualcosa di precario che va continuamente conquistato. Ora, se Frederic Auguste Bartholdi per realizzare la Statua della Libertà che illumina il mondo prese a modello la madre, sembra invece che Mario Rutelli per la sua ben più piccola Vittoria Alata avesse usato come modella la figlia, quella Maria Rutelli che poi divenne la futura madre del presidentissimo del Palermo calcio, il compianto Renzo Barbera.
Va detto che una statua simile a quella issata in cima all’obelisco di piazza Vittorio Veneto Rutelli la realizzò anche per il Vittoriano di Roma, luogo in cui ai lati dei propilei si trovano quattro colonne con in cima quattro diverse versioni di vittorie alate. È davvero un peccato che ancora oggi molti palermitani, anche i meno sprovveduti dal punto di vista storico, continuino a chiamano questa scultura un po’ troppo superficialmente “la statua” non comprendendo invece il grande valore simbolico che nel forgiarla volle dargli l’estro creativo di Rutelli. (fonte Le vie dei Tesori)