Per essere più produttivi non bisogna “ammazzarsi” di lavoro. Anzi, il contrario: meno si lavora, più si rende.
Lo sostiene l’esito di una ricerca condotta in Australia da un gruppo di studiosi universitari giapponesi della Keio University di Tokyo, guidati dall’economista Colin McKenzie.
Lo studio, come si legge sul Times che riprende questo rapporto, in sintesi, afferma che è più produttivo chi lavora solo tre giorni su sette, almeno per chi ha superato i quarant’anni.
Alla base della ricerca un campione di lavoratori over 40 in Australia, esaminato per un lungo periodo: per essere precisi, 3.000 lavoratori e 3.500 lavoratrici.
La ricerca, quindi, ha rilevato che il miglior rendimento è stato ottenuto da chi lavorava di meno.
Nel dettaglio, infatti, prendendo in esame alcuni parametri (come la capacità di risposta mentale dei soggetti), i punteggi migliori sono stati ottenuti dalle persone che lavorano attorno alle 25 ore a settimana: “il vantaggio di chi lavora mezza settimana – si legge su Fanpage.it – su chi è in pensione o disoccupato è stato quantificato intorno al 18%, mentre la percentuale diminuisce nei confronti di chi lavora 40 ore e aumenta rispetto a chi lavora più di 55 ore settimanali che rappresenta in assoluto il distacco più alto”.
In definitiva, quindi, lo studio giapponese sostiene che più si lavora, più la performance cognitiva diminuisce, ripercuotendosi in questo modo sulla produttività.
Il già citato Colin McKenzie, a proposito della ricerca, ha affermato: «Molti Paesi stanno aumentando l’età pensionabile. Questo significa che più persone continueranno a lavorare nelle fasi successive della loro vita. Ma il grado di stimolazione intellettuale può dipendere dalle ore di lavoro. Il lavoro, infatti, può essere una lama a doppio taglio, in quanto può stimolare l’attività cerebrale; al contempo, però, lunghe ore di lavoro possono causare stanchezza e stress, così da danneggiare le funzioni cognitive».