Il lungo processo per realizzare il Deposito Nazionale di scorie nucleari
C’è una società, la Sogin, 33 mila metri cubi di rifiuti radioattivi da custodire, una mappa da costruire ed un percorso che va avanti da quasi 20 anni. Il tema di dove depositare le scorie nucleari è argomento delicato, di cui si è iniziato a parlare nel 2003. E’ tornato in auge in questi giorni per un motivo preciso: la Sogin nella notte tra il 4 ed il 5 gennaio ha pubblicato la mappa delle 67 aree potenzialmente idonee ad ospitare il nuovo deposito di scorie nucleari.
Anche di questa mappa se ne sente parlare da molto tempo, è infatti pronta dal 2015, solamente il 30 dicembre scorso il Governo ha tolto il segreto, dando così la possibilità alla società di pubblicare tutti i dati necessari.
Rifiuti nucleari: I dati
Ci sono alcuni dati da tenere bene a mente: l’Italia ad oggi ha circa 33 mila metri cubi di rifiuti radioattivi da smaltire, nonostante le centrali nucleari siano chiuse dal 1987, dismesse in seguito ad un referendum.
Il nuovo Deposito Nazionale, la cui produzione dovrebbe costare circa 900 milioni di euro, potrà contenere 78 mila metri cubi di rifiuti a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni. Di questi 78 mila, come abbiamo visto, 33 mila sono già presenti in vari depositi sparsi nel territorio italiano, ed altri 45 mila metri cubi verranno prodotti in futuro.
Di questi rifiuti, circa 50 mila metri cubi, da quanto dichiarato da Sogin, deriverebbero dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, mentre i restanti circa 28 mila metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria. Nel Deposito Nazionale inoltre ci saranno anche ulteriori 17 mila metri cubi di rifiuti a media e alta attività.
Una differenziazione, tra alta e media intensità, inserita nel decreto legislativo 31/2010 che prevedeva solamente un classificazione binaria. Le cose poi sono cambiate con il Decreto Ministeriale 7 agosto 2015,che ha introdotto una classificazione più articolata.
Si è passati da due a cinque categorie, che prevedono: rifiuti a vita molto breve che come destinazione hanno lo smaltimento convenzionale, rifiuti di attività molto bassa e rifiuti di bassa attività, che sono destinati allo smaltimento nel Deposito Nazionale e rappresentano i 78mila metri cubi di cui abbiamo parlato ed infine, le ultime due classificazioni sono i rifiuti di media attività e di alta attività, che riguardano i 17 mila metri cubi che invece saranno stoccati temporaneamente nel Deposito nazionale.
Come verranno stoccati?
Anche in questo caso, per rispondere alla domanda, dobbiamo dividere i rifiuti ad attività bassa e molto bassa da quelli a media e alta attività. I primi, che vedono il decadimento molto lento (solo fra 300 anni si arriverà a livelli di radioattività trascurabili), verranno inseriti in dei manufatti metallici e trasportati nel sito dove verrà costruito il deposito. Una volta giunti a destinazione, verranno inseriti e cementati in moduli di calcestruzzo speciale delle dimensioni di 3 metri per due e per 1,7 metri di altezza. La Sogin stessa certifica che questi moduli sono “progettati per resistere almeno 350 anni”.
Questi moduli di calcestruzzo saranno poi inseriti in delle celle di cemento armato che, a loro volta, verranno sigillate e rivestite con una collina artificiale che ha la funzione di prevenire l’infiltrazione dell’acqua.
I rifiuti a media ed alta attività invece, saranno stoccati all’interno di una struttura temporanea, in attesa di un deposito geologico. Questa struttura si chiama CSA, Complesso Stoccaggio Alta attività e sarà collocata sullo stesso sito del Deposito Nazionale.
Dove sono ora i rifiuti?
Tutti questi rifiuti, che convoglieranno nell’unico deposito nazionale, sono ora sparsi in vari siti all’interno del nostro Paese. L’origine di queste scorie è da attribuirsi principalmente alle centrali nucleari (proibite dal 1987), da alcune macchine industriali utilizzate per le analisi produttive di parti metalliche e dai macchinari per per analisi e terapie mediche. Il settore sanitario infatti produce rifiuti radioattivi nell’ambito della diagnostica, della terapia e della ricerca medica.
Molti di questi sono classificabili come “rifiuti a vita molto breve” che quindi, dopo essere stati stoccati in depositi temporanei, potranno essere smaltiti come rifiuti convenzionali. La restante parte invece, costituita dai rifiuti a molto bassa, bassa, media e alta attività sarà stoccata con le modalità che abbiamo precedentemente visto nel Deposito Nazionale.
Ad oggi quindi, i rifiuti sono sparsi lungo la nostra penisola. In particolare in ex centrali nucleari (4 centrali e 4 impianti del ciclo del combustibile), in centri di ricerca nucleare, in centri di gestione di rifiuti industriali ed in centri del Servizio Integrato. Qui si può leggere il dettaglio di ogni sito.
Le centrali nucleari in Italia
Fino alla fine degli anni ‘80 in Italia sono stati attivi otto siti nucleari: quattro centrali nucleari di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina e Garigliano (Caserta), l’impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria) e i tre impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di Saluggia (Vercelli), Casaccia (Roma) e Rotondella (Matera). All’interno di questi siti sono ora gestiti 15mila metri cubi di rifiuti radioattivi.
Dove costruire il Deposito Nazionale
Arriva ora il tema delicato di dove costruire il Deposito Nazionale. L’Italia è un Paese soggetto a terremoti e dissesto idrogeologico, motivo per cui la scelta del luogo dev’essere fatta con estrema attenzione. La mappa, che vi proponiamo di seguito, è stata desecretata e pubblicata ad inizio 2021. I criteri di scelta e la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) è solamente un primo passo per portare a individuare il sito unico a livello nazionale, dove realizzare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. Ora è in corso una consultazione pubblica a cui si può partecipare direttamente dal sito della Sogin.
Rifiuti nucleari: I criteri di scelta
Come abbiamo detto ci sono stati stringenti criteri presi in considerazione per proporre queste 67 aree potenzialmente idonee. Per “aree potenzialmente idonee”, come si legge nella Guida tecnica n.29 dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, “si intendono le aree, anche vaste, che presentano caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito attraverso successive indagini tecniche specifiche e sulla base degli esiti di analisi di sicurezza condotte tenendo conto delle caratteristiche progettuali della struttura del deposito”.
Come si vede navigando la mappa, queste 67 aree potenzialmente idonee sono state racchiuse in quattro insiemi con ordine di idoneità decrescente (A1, A2, B e C). Anche in questo caso sono stati considerati aspetti socio-ambientali, logistici e di classificazione sismica di natura amministrativa. I criteri elaborati da ISPRA (oggi ISIN) sono stati suddivisi in 15 Criteri di esclusione (CE) e 13 criteri di approfondimento (CA).
Questi criteri verranno poi utilizzati anche per la pianificazione delle indagini tecniche di caratterizzazione nelle aree oggetto d’intesa. Tutti questi criteri sono descritti in modo dettagliato nel documento Basi teoriche e modalità di applicazione dei criteri per la realizzazione della CNAPI. Qui di seguito vi riportiamo un riassunto dei criteri di esclusione di alcune aree.
Rifiuti nucleari: I depositi in Europa
La situazione italiana quindi, anche se complessa, ha una chiarezza di fondo ed un progetto avviato. Sappiamo che nel Deposito Nazionale verranno stoccati solamente rifiuti prodotti in Italia, ma è bene anche dare uno sguardo verso l’Europa. “In quasi tutti i Paesi d’Europa – si legge nel sito Sogin -, anche in quelli che, come la Norvegia, non hanno mai prodotto energia elettrica da fonte nucleare, sono operativi depositi definitivi per rifiuti a bassa e media attività, quelli che verranno sistemati nelle celle del nostro Deposito Nazionale.
In alcuni casi la soluzione per i rifiuti a molto bassa attività è una sorta di trincea (landfill), in altri l’estensione del deposito a un livello sub-superficiale consente di ospitare anche rifiuti di media attività (che nel nostro Deposito Nazionale saranno stoccati nel CSA)”.
I più importanti si trovano in Francia, nel Deposito di superficie di La Manche (riempito con 500 mila metri cubi di rifiuti) e il Deposito de L’Aube (progettato per ospitare 1 milione di metri cubi di rifiuti della stessa categoria) ed in Spagna.
Con il Deposito di El Cabril, in esercizio dal 1992, autorizzato per ospitare 42 mila metri cubi di rifiuti a bassa attività, e 17 mila metri cubi di rifiuti a molto bassa attività, che sono già collocati in strutture specifiche.