Il 19 marzo a Palermo vuol dire una sola cosa: sfincia di San Giuseppe. Morbida, ricca di ricotta e più energetica di un Powerade blu. A San Giuseppe è la sfincia a regnare sovrana nella casa dei palermitani, che decidono di cucinarla per condividerla con i parenti o la comprano nelle pasticcerie del capoluogo siciliano.
Il dolce ha origine dalla cultura araba. La pasta morbida, che avvolge il cuore di ricotta, riesce ad accompagnare il 19 marzo dei palermitani. La sfincia non è altro che una zeppola made in Sicily. Da sempre una delle sue caratteristiche è il fatto di essere un piatto molto povero, ma che riesce a riempire la pancia di qualunque fortunato riesca ad agguantarne un morso.
La storia della sfincia di San Giuseppe
Il sostantivo “sfincia” a Palermo è proprio sinonimo di morbido, soffice. Le sfince sono grossi bignè fritti realizzati con lo strutto. Imbottiti tradizionalmente con la crema di ricotta, zucca candita e gocce di cioccolato e decorati in superfice con granella di pistacchi, ciliegie candite e la scorza d’arancia candita. La sfincia di San Giuseppe come tale, è stato ufficialmente inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).
Questi dolci furono inventati dalle suore del Monastero delle Stimmate di San Francesco secoli fa come dolci poveri. Originariamente erano coperti di miele da consumare per la Festa di San Giuseppe del 19 marzo. Ma nel tempo i pasticceri locali ne arricchirono progressivamente le caratteristiche. A tal punto da trasformare le sfince di San Giuseppe nelle soffici delizie dai colori vivaci e invitanti che oggi troviamo nelle pasticcerie palermitane.