Ogni 27 gennaio in tutto il mondo si ricorda l’Olocausto, attraverso la Giornata della memoria. Eventi online, posa di nuove pietre d’inciampo, testimonianze dei superstiti della Shoah, letture sull’autore Primo Levi. Tutto serve a tenere un’accento su un avvenimento della storia che è importante e non si può dimenticare, anzi non si deve.
Eppure c’è chi, secondo un’indagine Eurispes (condotta abbastanza recentenmente), non crede a nulla di tutto questo. C’è chi sottovaluta la portata degli eventi, chi minimizza il numero di vittime, chi ritiene che gli atti antisemiti siano bravate di poco conto. Sono i negazionisti della Shoah, e, secondo l’indagine sopra citata, sono in aumento di anno in anno.
Il dato più significativo e scioccante, che emerge, riguarda il numero di persone che ad oggi negano l’esistenza dell’Olocausto: in 15 anni si è passati dal 2,7% al 15,6% di ottobre 2020.
Altri dati sui negazionisti della Shoah
- Per il 16,1% l’Olocausto “non avrebbe prodotto così tante vittime come viene sostenuto”
- Per il 23,9% gli ebrei controllerebbero il potere economico e finanziario
- Più di un quinto degli italiani sosterrebbe che gli ebrei controllino l’informazione
- il 26,4% riterrebbe che gli ebrei determinino le scelte politiche americane.
Si legge nell’indagine che secondo la maggioranza degli italiani, i recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6% ritiene che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per meno della metà del campione (47,5%) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%, invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.
I giovani sembrano essere tra quelli che credono con certezza all’orrore dell’Olocausto. Il trend positivo è molto probabilmente causato dal grande impegno che dedicano le scuole a questo tema, anche in Dad. I cittadini più giovani sono meno propensi a definire gli episodi antisemiti come casi isolati: lo fa meno della metà dei 18-24enni (46,7%) ed il 50,8% dei 25-34enni. Almeno su questo fronte c’è ben da sperare sugli adulti del domani.