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Shoah, la storia di Calogero Marrone: lo Schindler siciliano


Oggi 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico.

Il 27 gennaio del 1945, le Forze alleate abbatterono i cancelli di Auschwitz, liberando il campo dai nazisti e rivelando all’umanità l’inimmaginabile orrore celato al suo interno. Oltre 1 milione di persone furono lì sterminate, tra camere a gas e forni crematori, tra fame e gelo, annullate come esseri umani, private della loro dignità.

Non a caso il termine Shoah, derivante dalla lingua ebraica e utilizzato per indicare l’Olocausto, è presente nella Bibbia con l’accezione di distruzione.

A dare voce a quell’orrore, ci sono ancora le testimonianze degli ultimi superstiti e le storie di coloro che quel dolore lo hanno vissuto attraverso i racconti di parenti o amici ormai scomparsi.

Tra le tante storie, ce n’è una poco conosciuta e che è rimasta nell’ombra per tanti anni.

È la storia dell’agrigentino Calogero Marrone, soprannominato lo Schindler siciliano.

Chi era Calogero Marrone, lo Schindler siciliano

Calogero Marrone nasce a Favara, il 12 maggio 1889. 

Antifascista, era impiegato al comune del suo paese come segretario della aezione combattenti e reduci della prima guerra mondiale.

Nel 1931, decise di trasferirsi in Lombardia con la moglie Giuseppina e i loro quattro figli, dopo aver vinto un concorso pubblico indetto dal comune di Varese.

Dopo pochi anni, grazie alle sue capacità professionali e alla sua dedizione al servizio pubblico, divenne capo dell’Ufficio anagrafe di Varese. Fu proprio in questa veste che, durante l’occupazione nazifascista, Marrone rilasciò centinaia e centinaia di documenti d’identità falsi ad ebrei ed antifascisti che in quel periodo cercavano di attraversare il confine svizzero, sottraendoli così ad un certo tragico destino.


Tradito da un delatore, decise di non fuggire in Svizzera, nonostante fosse stato prontamente avvisato dell’arrivo dei nazisti.

Il 7 gennaio del 1944 venne arrestato da alcuni ufficiali della Guardia di Frontiera tedesca. Le accuse erano quelle di collaborazione con la Resistenza, favoreggiamento alla fuga degli ebrei e violazione dei doveri d’ufficio.

Portato nel carcere di Varese, venne brutalmente torturato ma non rivelò mai nulla ai suoi carnefici.

Trasferito ancora da un carcere all’altro, la sua ultima destinazione fu il campo di sterminio di Dachau, in Germania. Lì morì di tifo il 15 febbraio 1945. 

Un esempio di solidarietà e coraggio

Calogero Marrone non si era trasferito a Varese semplicemente per lavoro. Ma soprattutto perché il suo antifascismo provocava un diffuso sentimento di ostilità ed odio tra i suoi compaesani.

Il suo credo politico, il suo senso di giustizia, era più forte di qualsiasi altra cosa. Ed era troppo grande per restare confinato in un piccolo paese dell’entroterra siciliano.

Un immenso esempio di solidarietà e coraggio che ci insegna il valore dell’umanità.

I riconoscimenti a Calogero Marrone

A Varese, davanti all’Ufficio Anagrafe di Palazzo Estense, dove prestò servizio, c’è adesso una targa che lo ricorda.

Nel gennaio del 2013, la Commissione dei Giusti di Yad Vashem ha assegnato a Calogero Marrone il titolo di Giusto tra le Nazioni, riservato ai non-ebrei che abbiano agito in modo eroico a rischio della propria vita e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista della Shoah.

Nel 2016, è stata costituita a Favara, suo paese natale, l’associazione denominata “Istituto Studi e Ricerca Calogero Marrone”.

Oggi, a 76 anni dalla sua morte, raccontare la storia di chi ha rischiato la propria vita per salvare quella di migliaia di innocenti dalle atrocità del passato, ci aiuta a ritrovare quel senso di umanità che sempre più spesso vediamo consumarsi e che ciascuno di noi dovrebbe alimentare nel proprio animo.


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A proposito dell'autore

Laureata in Giurisprudenza a Palermo con una tesi di diritto penale, non ho mai abbandonato la mia passione per la scrittura. Curiosa ed ambiziosa, cerco di rinnovarmi continuamente.