Viviamo un periodo unico. Un’emergenza, che coinvolge non solo l’Italia ma il mondo, ha cambiato e sta continuando a cambiare le nostre vite. Ma andiamo con ordine.
Breve cronistoria della pandemia
I primi casi della pandemia di COVID-19, in Italia, sono stati confermati il 30 Gennaio 2020, per la precisione a Roma. Il 21 febbraio del 2020 un secondo focolaio in Lombardia vedeva 16 casi positivi. Sempre il 21 febbraio il ministro della Salute diramò un’ordinanza che obbligava alla quarantena per le persone che erano state a contatto con soggetti positivi all’infezione virale. Lo stesso giorno, un’altra ordinanza, firmata in modo congiunto con la presidenza della Regione Lombardia, sospese tutte le manifestazioni pubbliche e le attività commerciali non di pubblica utilità, quelle ludiche e lavorative, così come le attività sportive. Sono così anche state chiuse le scuole in dieci comuni.
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Nella notte tra 7 e 8 marzo del 2020 il presidente del consiglio ha emanato un ulteriore decreto, con ulteriori misure restrittive. La sera del 7 marzo, sul web, trapelò la notizia provocando la “fuga” dai comuni che sarebbero stati chiusi sia dei lavoratori che degli studenti fuori sede. Il 9 marzo del 2020, in una diretta nazionale delle ore 23:30, Giuseppe Conte annunciò lo stato di pandemia. Il resto lo ricordiamo tutti molto bene. Questo fino al 4 maggio 2020, l’inizio della famosa fase 2. La fase 2 ha previsto un allentamento delle misure precedentemente prese. Durante l’estate, a causa del turismo e del sentimento, comune a tutti, di “fame di libertà”, dovuto ai mesi di quarantena, i casi sono nuovamente aumentati.
Le nuove restrizioni di ottobre
Oggi il Coronavirus sta riprendendo terreno. I contagi sul territorio nazionale aumentano ogni giorno. In Sicilia, solo ieri, sono stati registrati 285 nuovi positivi. Questo aumento ha portato il Presidente del Consiglio a programmare nuove restrizioni. Le nuove regole prevederanno: “Feste private vietate e banchetti con massimo di 30 persone, chiusura dei bar e ristoranti a mezzanotte e dalle 21 divieto di sostare davanti ai locali”. La vendita di alcolici sarà consentita solo fino alle 22.
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Stop a tutti gli sport di contatto a livello amatoriale. La sosta davanti ai bar, ai ristoranti e ai pub è vietata dalle ore 21 alle ore 6, così come è vietato riunirsi in strade, piazze e parchi. Altre misure verranno diramate nei giorni a venire. Ovviamente, questa nuova stretta ha fatto storcere il naso a molti e fatto alzare le mani al cielo ad altri, anche perché verrà controllato l’uso della mascherina non solo all’interno dei locali ma anche per strada.
Cosa succede fuori dall’Italia?
La domanda me la sono posta ieri quando, dopo aver appreso e condiviso la notizia sui social, molti miei conoscenti, residenti all’estero, mi hanno scritto per dirmi quanto fossimo fortunati, perché in altri paesi europei queste misure di sicurezza non sono mai state prese. Quali sono le differenze? Ho chiesto ad amici e conoscenti che vivono fuori dall’Italia.
V. da Londra mi dice: “Da noi non c’è mai stato un lockdown. Qualche negozio ha chiuso, ma tutto qui. Quando avevano messo il coprifuoco alle 22 per i pub, a Oxford Circus, la gente ha fatto festa per strada. Le multe per chi non porta la mascherina sono ridicole, 100 sterline, e comunque non ci sono controlli. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma per fortuna il mio ufficio è andato in full remote”.
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Il lavoro da remoto, che in Italia invece è ben poco accettato o diffuso, siamo molto impreparati a riguardo e forse dovremmo far fronte a questa necessità nei mesi a venire, come si sarebbe dovuto fare da subito in previsione di un peggioramento, che molti virologi avevano previsto.
G. da Malta dice: “Malta si basa molto su quello che fa l’Italia… da noi bar e pub fanno solo servizio al tavolo e solo se servono da mangiare. L’ultima normativa prevedeva gruppi di massimo dieci persone, altrimenti multa, ma non c’è l’obbligo della mascherina all’esterno”.
E dunque?
In conclusione, per non dilungarmi troppo su chi è contro l’uso della mascherina, per i motivi più disparati, e su chi ha paura – in certi casi giustificata – di un nuovo lockdown, parola che ormai usiamo più di quella nostrana e cioè “quarantena”, forse dobbiamo soffermarci a pensare che quelli di oggi sono sacrifici necessari, nel tentativo – speriamo non vano – di non dover tornare chiusi in casa. Nella speranza anche di continuare a lavorare, di poter vedere i nostri cari e di non dover riattraversare per la seconda volta un periodo difficile come quello che è partito il 9 marzo. Dobbiamo fare tutti la nostra parte, nessuno escluso.