L’Università Aldo Moro di Bari, per la prima volta in Italia, ha introdotto una misura per incentivare l’iscrizione delle donne ai corsi di laurea con un basso tasso di frequenza femminile, così da promuovere le future figure professionali.
I corsi di laurea con un minore presenza femminile
L’agevolazione economica nasce per incentivare ed incrementare le iscrizioni femminili in indirizzi di laurea con una bassa presenza “rosa”, pari al di sotto del 30%. La riduzione, in particolar modo, riguarda i corsi di laurea STEM, con lo studio delle discipline scientifico-tecnologiche. Dai corsi di laurea triennale in Informatica a quelli in Fisica, da quelli di Scienze e Tecnologie agrarie a quelle dello sport, Computer e Data science. Esonero totale per chi ha figli piccoli.
La riforma tributaria per le studentesse
Per operare un cambio di rotta nei corsi di laurea prettamente “maschili”, il rettore dell’Ateno barese ha pensato di introdurre una riduzione. Così, le studentesse con Isee non superiore a 30 mila euro, iscritte ai corsi di laurea con tasso di frequenza femminile al di sotto del 30%, entro la durata normale del corso di studio aumentata di uno, usufruiranno di una riduzione del 30% del contributo onnicomprensivo.
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Donne in maggioranza all’Università, ma…
“I dati ci dicono che, pur essendo le donne iscritte all’Ateneo circa il 62% del totale, la percentuale si abbassa per alcuni corsi di laurea”, così spiega il rettore dell’Aldo Moro di Bari, Stefano Bronzini, precursore della riforma. “Per invertire questa rotta, l’Università di Bari ha fortemente sostenuto questa iniziativa che vuole favorire una più ampia partecipazione delle donne anche ai corsi di studio tradizionalmente “maschili”, per aprire la strada ad una sempre maggiore partecipazione delle donne in determinati ambienti di lavoro”, conclude il rettore.
Tasse ridotte per le studentesse: è giusto?
La riforma introdotta dall’Università di Bari è di certo un ottimo modo per colmare il cd. gender gap, ovvero il divario tra generi, in alcune Facoltà. Ma ci chiediamo, al tempo stesso, se la stessa possa essere anche applicata agli studenti che decidono di iscriversi in corsi di laurea a netta prevalenza femminile, come, ad esempio, Psicologia o Giurisprudenza. Che il classico criterio del reddito resti quello più equo e meno discriminatorio del genere?