La Corte d’Assise d’Appello di Palermo ribalta il giudizio di primo grado: la Trattativa “non costituisce reato”. Assolti gli ex generali De Donno e Mori, mentre per Dell’Utri “il fatto non sussiste”. Condannati solo i vertici di Cosa nostra.
Trattativa Stato-mafia: il verdetto della Corte d’Appello
Dopo tre giorni di camera di consiglio nell’Aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, la Corte d’Assise d’Appello ha emesso la sentenza del processo di secondo grado. “La trattativa nel 1992 ci fu ma non è reato“: ribaltato così il giudizio di primo grado.
Tutti assolti tranne i boss mafiosi
Assolti perché il fatto non costituisce reato gli ex alti ufficiali del Ros (Mori, Subranni e De Donno). Per l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, invece il fatto non sussiste. Confermata la condanna di primo grado, a 12 anni, per Antonino Cinà, il medico di Riina, mentre Leoluca Bagarella dovrà scontare un anno di carcere in meno (27) perché la minaccia al primo governo Berlusconi è stato riqualificata in tentata minaccia, per via dell’assoluzione di Dell’Utri. In attesa di leggere le motivazioni complete della sentenza, il verdetto cancella ciò che in dieci anni la Procura aveva costruito con indagini e processi sulla presunta Trattativa.
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Trattativa Stato-mafia: la sentenza di primo grado
La sentenza di primo grado, pronunciata dalla Corte d’Assise il 20 aprile 2018, aveva stabilito che il ricatto avanzato da Cosa Nostra allo Stato, in seguito alle stragi mafiose del 1992 e del 1993, era stato “veicolato” da uomini delle istituzioni, politici, che così facendo non resero che più concrete le pretese dei boss. Da un lato, i carabinieri del Ros, dall’altro l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, che nel ’94 avrebbe veicolato il messaggio mafioso al nuovo governo guidato da Silvio Berlusconi.
La prima sentenza condannò tutti, politici e mafiosi, tessendo la tela della Trattativa Stato-mafia. Per la Corte d’Assise, questa ebbe l’effetto di “far sorgere o quantomeno consolidare il proposito criminoso risoltosi nella minaccia formulata nei confronti del governo della Repubblica sotto forma di richieste di benefici, al cui ottenimento i mafiosi condizionavano la cessazione delle stragi“. Ma adesso, tutto è stato ribaltato.