Il suicidio della studentessa dell’Università Iulm di Milano, trovata morta nei bagni dell’ateneo mercoledì 1° febbraio, riapre il dibattito sulla salute mentale dei più giovani. E, in particolare, degli studenti universitari. Oggi la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha annunciato di essere al lavoro per istituire presìdi per il benessere psicologico negli atenei. «Ho dato mandato alle Direzioni di predisporre una proposta alle Università per supportare le esigenze di ascolto e sostegno dei nostri ragazzi», ha detto oggi la ministra durante il convegno nazionale della Società italiana di pedagogia. «Aumentano le fragilità legate al post-covid e alla necessità di misurarsi con un mercato del lavoro che richiede performance sempre più alte. Ma aumenta soprattutto il timore del giudizio negativo degli altri. Il nostro obiettivo – ha aggiunto Bernini – è sostenere chi ne ha bisogno, aiutare a capire che il merito è un percorso, ed è soprattutto una conquista con se stessi, non il risultato di una sola performance».
«Non si può morire di università»
Secondo la ministra, la morte della studentessa dell’Università Iulm dimostra che «abbiamo il dovere di agire». E sono della stessa opinione anche le centinaia di studenti che oggi si sono dati appuntamento in diverse città d’Italia con flash mob e striscioni appesi fuori dagli atenei, che scandiscono: «Non si può morire di università». «Negli ultimi tre anni almeno dieci universitari si sono suicidati. E questi sono soltanto i casi noti. La nostra paura è che l’interesse verso il malessere giovanile e la salute mentale scemi rapidamente. Non accettiamo che dopo questo nuovo tragico caso, le istituzioni chiudano gli occhi come se nulla fosse successo», spiega Camilla Piredda, coordinatrice dell’Unione degli Universitari. Oggi i flash mob degli studenti hanno coinvolto Milano, Perugia, Palermo, Sassari, Lecce, Firenze, Cagliari e Modena. Nei prossimi giorni toccherà anche alle università di Pavia, Messina, Forlì e altre città.
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Le richieste degli studenti
Secondo i rappresentanti degli studenti, il problema dei suicidi tra studenti universitari ha una doppia matrice. Da un lato, c’è la mancanza di attenzione e risorse per la tutela della salute mentale. Per questo gli studenti chiedono di potenziare «gli sportelli di counseling offerti dagli atenei e integrare nel servizio sanitario un servizio di assistenza psicologica diffusa, gratuita e accessibile». Il secondo problema, invece, sembra essere una critica più ampia al sistema universitario. «Crediamo che il problema parta da un modello universitario sempre più performativo, nel quale bisogna assolutamente raggiungere certi risultati, bisogna fare in fretta, non c’è mai tempo da perdere. E se non ce la fai, sei un fallito», denuncia Piredda. Per ribaltare questo modello, sostengono gli studenti, basterebbe «intervenire sui regolamenti didattici, sugli strumenti di tutoraggio e sul supporto didattico»