Piombo, lacca e lana di vetro: così viene “avvelenata” la cannabis. «Ecco perché va legalizzata prima che sia troppo tardi»
Legalizzare il mercato della cannabis porterebbe «solo benefici». Dal controllo della qualità delle sostanze vendute ai maggiori introiti per lo Stato fino al contrasto della mafia che, al momento, ha in mano lo spaccio delle droghe nel nostro Paese. Senza considerare, poi, le carceri «piene di spacciatori, talvolta pure tossicodipendenti», i tribunali che «scoppiano» e le forze dell’ordine continuamente dirottate (e occupate) in operazioni anti-droga. Ne sono convinti i professori dell’università degli studi di Messina Ferdinando Ofria, docente di Politica Economica, e Piero David, ricercatore di Economia Applicata, che hanno pubblicato uno studio sulle prospettive economiche della regolamentazione del commercio della cannabis. Inutile girarsi dall’altra parte, sono milioni le persone che ne fanno uso «e 100mila quelle che la coltivano a casa per non alimentare il mercato nero».
Cosa si rischia acquistando cannabis al mercato nero
L’aspetto più grave è quello che riguarda la salute dei consumatori, soprattutto i giovanissimi che fanno uso di cannabis e che «non solo vanno a cercare gli spacciatori, talvolta armati e parte integrante delle organizzazioni criminali, nelle zone di spaccio ma finiscono anche per acquistare droghe mischiate ad altre pericolose sostanze». Questa tecnica serve per aumentarne il peso così da vendere le sostanze stupefacenti a un prezzo maggiore. C’è chi compra la cannabis «tagliata con lana di vetro, piombo e lacca, sostanze che possono causare intossicazioni», chi l’eroina tagliata con barbiturici che «può portare alla morte», spiega Antonella Soldo, coordinatrice di Meglio Legale, campagna per la legalizzazione della cannabis.
Legalizzazione cannabis: In giro «troppa» droga sintetica
L’eroina – è bene ricordarlo – «non è mai sparita, il flusso è costante e ne circola sempre di più pericolosa oltre a essere la prima causa di dipendenza». Ma le droghe preferite dai giovani restano la cannabis (che «costa 10 euro al grammo», dunque è la più accessibile), la cocaina e le droghe sintetiche. Quest’ultime circolano «in maniera libera specialmente sul dark web: procurarsele non è difficile anche perché lo Stato si concentra di più su altri fronti». Sulle piazze di spaccio, sulle scuole, sui «negozietti di cannabis light» (che sono ancora in «una sorta di zona grigia») con un metodo decisamente «arcaico», non al passo con i nostri tempi, e con norme «aggressive e punitive, vecchie di 30 anni, che non hanno portato a nulla e che finiscono per condannare allo stesso modo chi spaccia cannabis e chi spaccia cocaina». Il risultato è quello di avere «il 96 per cento di sequestri per cannabis e il 58 per cento di operazioni di polizia solo per scovare cannabis, dimenticandosi però dei nuovi problemi, come, appunto, la droga sintetica. Ce n’è troppa in giro».
«C’è voglia di un mercato di cannabis legale in Italia»
Il Covid ci ha insegnato che c’è voglia di «un mercato di cannabis legale in Italia». In molti, in tempi di pandemia, hanno acquistato online, in via del tutto legale, provando la cannabis light e abbandonando, di fatto, il mercato nero, quello della strada, dove con 10 euro si rischia di comprare di tutto. «Il consumo, in questi mesi di pandemia, non è aumentato se non durante il lockdown per tenere a bada ansia e insonnia. Aumentata, invece, l’auto-coltivazione e il ricorso d’emergenza alla cannabis light», spiega. Insomma, non c’è più voglia di andare dallo spacciatore. Gli italiani, invece, vorrebbero aiutare (e finanziare) un settore, quello della cannabis light, che «dà lavoro ai giovani e aiuta il Sud dove il clima è più favorevole». «Peccato che abbiamo avuto un ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che paragonava i negozietti di cannabis light alle piazze di spaccio», aggiunge.
Più soldi allo Stato, meno alle mafie
«Attraverso un processo di legalizzazione questo mercato può aumentare il gettito fiscale. Come per le sigarette ci sarà un elevato ingresso di denaro attraverso le imposte. Il nostro studio evidenzia fino a 6 miliardi di gettito fiscale aggiuntivo per lo Stato sottratto alle criminalità organizzate», dice il professor Ferdinando Ofria. Si creerebbero così nuovi posti di lavoro, si ridurrebbero le spese per le forze dell’ordine, per la magistratura e, dunque, per le procure a caccia di cannabis. Il risparmio stimato è di 600 milioni di euro. Una “rivoluzione” che metterebbe in ginocchio le mafie che hanno fatto della droga il loro core business.