L’Università prova a trovare la ricetta per la ripartenza. A gestire questo possibile ritorno alla normalità è la ministra Maria Cristina Messa, che in un’intervista al portale Open si dice positiva per come gli atenei stanno reagendo alla pandemia.
“La maggior parte della formazione deve avvenire in presenza. Questa è una caratteristica imprescindibile per l’università“, questa è la frase chiave usata da Maria Cristina Messa. E inoltre sottolinea quanto le matricole di questo anno accademico e del precedente siano state svantaggiate.
“Le matricole dell’anno 19/20, che adesso stanno frequentando il 20/21, dovranno sicuramente frequentare il terzo anno in maniera più diretta”, assicura Messa. “La cosa importante, adesso, è seguire con attenzione l’andamento pandemico e programmare la riapertura”. La ministra, medico specializzato in medicina nucleare, ammette che le incertezze legate al Coronavirus non permettono di avere un piano di riapertura chiaro.
E sempre al sito di Enrico Mentana preannuncia una tabella di marcia: “Se ad aprile scendono i contagi e aumentano le vaccinazioni, possiamo cominciare a riaprire i laboratori, le biblioteche. Riprendere i corsi in presenza è inutile perché a maggio, di fatto, terminano. Per esempio, le sessioni di laurea si potrebbero fare in presenza. Contestualmente, dobbiamo prepararci per aprire a ottobre”.
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Ministra Messa: “Ad ottobre ritorno alla normalità, al Sud troppi ragazzi abbandonano”
Poi la ministra Messa riporta i numeri dei laureati in Italia. “I laureati, nel nostro paese, sono troppo pochi. Se agevolassimo l’iscrizione degli studenti all’università e fossimo in grado di evitare gli abbandoni, avremmo più laureati. Farebbe solo del bene al Paese, perché abbiamo bisogno di competenze”.
“Al Sud ci sono più iscritti rispetto al Nord – afferma la ministra -, ma anche più abbandoni”. Esiste un divario tra gli atenei del Meridione e del Settentrione di Italia, “e per superarlo, anche in termini di migrazione dal Nord al Sud, bisognerebbe incentivare la mobilità di tutti gli studenti. Magari diversificando tra triennale e magistrale, scegliendo due università di parti diverse di Italia. Credo anche che un po’ di scambi di insegnamenti, siano essi in dad o in presenza, sarebbero molto utili”.
Mentre sul capitolo mobilità interregionale, la ministra Messa accoglie la proposta arrivatale da un’associazione studentesca: “Perché non fare gli Erasmus in Italia? Potrebbe essere un modo per ridurre il divario tra Nord e Sud“.