Un’app capace di preservare le lingue a rischio di estinzione. Così Woolaroo, la nuova invenzione lanciata da Google Arts&Culture, scende in campo per proteggere e custodire le tradizioni. Tra le dieci lingue da preservare, anche il Siciliano.
L’importanza della lingua
La lingua, si sa, è parte fondamentale del nostro patrimonio culturale. Secondo l’UNESCO, circa il 40% delle lingue indigene rischia di scomparire, insieme alle culture e all’identità dei popoli. Ed ecco che la tecnologia, come accade ormai spesso, si mette a disposizione della cultura. Così, Google lancia la sua nuova app, Woolaroo, con lo scopo di preservare le lingue indigene e la sopravvivenza dei popoli che le parlano.
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Woolaroo e le lingue indigene da preservare
Woolaroo preserva e facilita l’apprendimento di 10 lingue indigene che rischiano di essere dimenticate per sempre. Tra queste, due italiane: il dialetto siciliano e il greco- calabro. Ci sono, poi, il rapanui dell’Isola di Pasqua; il nawat, discendente dall’azteco e oggi diffuso a El Salvador; il berbero, parlato dall’omonima popolazione nordafricana; il yugambeh, idioma aborigeno originario degli Stati australiani del Queensland e del Nuovo Galles del Sud; il maori degli indigeni neozelandesi; lo yang zhuang della regione cinese del Guangxi; lo yiddish, utilizzato dagli ebrei aschenaziti dell’Europa Centrale e Orientale e il creolo francese della Louisiana.
Woolaroo: come funziona?
Per poter utilizzare Woolaroo, basterà accedere da cellulare o da pc al sito web del progetto e dare il permesso di accesso alla fotocamera. Poi, bisognerà scegliere la nostra lingua madre e la lingua indigena che vorremmo imparare. Basterà inquadrare un oggetto qualsiasi e in automatico verrà fornita la traduzione di ciò che stiamo inquadrando, insieme alla pronuncia vocale. Così, ad esempio, se inquadriamo un albero, troveremo la traduzione simultanea in “Àrburo“, in siciliano. Ma anche “àrbulu”, ” tumu”, ” kwawit”, “aseklu”, “tullei”, “r?kau”, “ko may”, “der boym”, “narb”, nelle altre nove lingue da salvare secondo gli studiosi di Google. Un modo semplice e a portata di click per mantenere viva la cultura dei popoli, anche del nostro.
Fonte: La Repubblica- Palermo